domenica 30 gennaio 2022

Fallimento? No! Incapacità

 

Diario

30 gennaio 2022

 

L’elezione di Mattarella per la seconda volta a Presidente della Repubblica, viene iscritta sotto la rubrica del “fallimento della politica”, ma non è così. Il fallimento si può attribuire ad una impresa intrapresa e che per le ragioni più varie non si riesce ad essere compiuta. Ma è questo il caso? Non credo proprio.

Fin dall’inizio si è cominciato male; con la destra che in ragione di una maggiore rilevanza parlamentare, ma comunque non sufficiente a portare in porto l’elezione del Presidente, si è attribuita la “responsabilità” di proporre un “nome”. Nomi che, dopo la rinunzia del velleitario Berlusconi,  sono finititi tutti nel tritacarte fino al riconoscimento delle ambizioni della Presidente del Senato anch’essa bocciata e che non ha portato, come sarebbe logico, la stessa a dimettersi dall’alta carica.

Incapacità (o impotenza) della destra di capire la situazione e quindi piuttosto di affrontare le questione in una discussione franca all’interno della maggioranza di governo.

Sull’altro fronte quello di centro sinistra o progressista, che dir si voglia, si è manifestata l’incapacità di proporre un nome non di bandiera. Questo fronte in realtà è stato  bloccato dalla candidatura di Mario Draghi, che in tutti i modi, senza parlare, aveva fatto capire il suo gradimento al trasloco al Quirinale. Ma dentro quel fronte il consenso a Draghi era scarso. Invece di spiegare al Presidente del consiglio che alle sue ambizioni mancava il consenso si è continuato a cincischiare (la questione della “donna”, un ennesimo diversivo). Fino a quando lo stesso Draghi, per non compromettere una possibile ascesa futura al nuovo palazzo non è sceso in campo direttamente sciogliendo la matassa  a favore di Mattarella (che appare, al di là delle sue virtù e capacità,  come l’agnello sacrificale e quello che deve tenere calda la poltrona).

Questa settimana i cittadini italiani, grazie anche alla TV che tutto ha spiaccicato sotto i loro occhi, hanno assistito non tanto ad una finta e indolore lotta di potere, quanto alla manifestazione dell’incapacità della politica e dei partiti di compiere il loro lavoro e al manifestarsi di ambizioni fuori luogo, coperte da nobili parole nel momento in cui esse sono sembrate frustrate. Manca in questa schiera la Presidente del senato, che non ha trovato neanche le ipocrite parole ma anzi, dopo la sua prima batosta, chiedeva che ancora sul suo nome si puntasse.  

 

lunedì 24 gennaio 2022

Si vota?

 

Diario

24 gennaio 2022

 

Oggi, fra qualche ora, si comincerà a votare per l’elezione del presidente della Repubblica. Si potrebbe sostenere che la notizia, per quanto veritiera, sia falsa: si vota per ottenere un risultato, ma oggi i “grandi elettori” votano per non ottenere nessun risultato. Tra candidati di bandiera, schede bianche, a scritte scherzose, nessuno si pone il problema di raggiungere il quorum previsto.

Una cosa pare certa: dopo l’elezione ci si avvia ad un periodo di incertezza. Quello che i più sembravano voler scongiurare, sarà invece un esisto sicuro. Non è detto, neanche, che sia un male, ma qui il discorso si fa troppo lungo e arduo.

Vediamo quello che può avvenire e gli esisti conseguenti:

1.      Contro la volontà di una qualche parte politica, viene eletto Mario Draghi (lui fortemente lo vuole). Brunetta, quale ministro anziano, lo sostituirà, ma dopo il giuramento presenterà le dimissioni. Consultazioni ecc. è incarico ad una tecnica, invisa ai più. Ma l’investita fa fatica a definire la sua maggioranza. Forse dovrà rinunziare, ma magari no, ma si trova a governare un Consiglio dei Ministri avverso e instabile nei suoi obiettivi specifici. Le elezioni politiche avanzano.

2.      Viene letto uno dei tanti di cui circolano i nomi. Dopo il giuramento Draghi presenta le dimissioni di rito e sussurra che non è più disponibile. Il nuovo presidente, eletto da una parte contro l’altra, fa fatica a individuare il nuovo capo del governo e la maggioranza relativa, che comunque sarà una maggioranza di parte. Ma ci riuscirà trasformando il Consiglio dei Ministri in una fossa di leoni (o iene?). Le elezioni politiche avanzano.

Il quadro non offre altre alternative, magari ci possono essere delle varianti che non muteranno il senso di marcia.

 

Tra ambizioni personali, dissolvimento dei compiti della “politica”, scarsa fantasia e inettitudine dei leader non può capitare niente di diverso. I nomi dei candidati al Quirinale, che circolano ancora in questo momento sono molto risibili, si pensi che si parla di Letta, lo zio, di Pera, ma perché? o dell’immortale Amato Insomma il paese non sembra poterla scampare.

Eppure qualche personalità che può non farci arrossire esiste, ma appunto per questo non è presa in considerazione.

La mia preferenza vale niente ma la voglio esprimere a favore di Luigi Mancone.

 

 

mercoledì 12 gennaio 2022

Il dubbio

 

Diario

12 gennaio 2021

 

Il precedente diario, nel quale si speravano  riforme rivoluzionarie, si concludeva con un dubbio, dichiarato ma non spiegato. Questo dubbio voglio chiarire, non che sia importante ma, come dire, per dare una logica al discorso.

Il dubbio è presto spiegato: non credo che nell’occidente, più o meno ricco, la rivoluzione sia possibile, il mio non è disfattismo e neanche tradimento. Perché non è possibile? Per molti motivi ma i seguenti mi paiono i principali (anche se trattati un po’ grossolanamente): stiamo tutti bene; abbiamo mutato il nemico da abbattere in un concorrente, e tutti siamo concorrenti a tutti; la giusta affermazione dell’individualità è stata fatta tutta in chiave antagonistica con la collettività.

Stiamo tutti bene non disconosce differenze, povertà e miseria, ma il senso prevalente è che lo stato di fatto sia passeggero. Anche se non è vero la coscienza individuale ci dice che in futuro staremo meglio, che i nostri figli staranno meglio, ecc. Anche se abbiamo prove fattuali del contrario vegeta la grande illusione.

Nemico da abbattere, la spersonalizzazione del nemico, che in un certo senso è un tratto di civiltà, e ci rimanda al “sistema”, ha reso flebile la carica eversiva. Ci sorprende quando in una crisi aziendale gli operai identificano le persone a cui danno la colpa della situazione di crisi.

Esseri individui ci esalta, anche se abbiamo la percezione di essere massificati, ma questa esaltazione piuttosto che essere un modo costruttivo dello stare insieme nella diversità, tende a distruggere il collettivo. Non siamo individui dentro una collettività dal destino comune, ma piuttosto individui dentro un massa spesso informe.

Ma dire questo (contro-dubbio) non significa che nel mondo non si faranno rivoluzioni. Li faranno le società emergenti, nelle quali le differenze sono esacerbate e non rabbonite, dove ancora si individua, magari spagliando, il nemico da abbattere, e dove ci si sente parte di una comunità (magari tribale).

Noi dei paesi ricchi staremo a guardare, anche con paura, ma da li verrà la nuova società. Saranno delle rivoluzioni violente, non ci piaceranno, ma forse dobbiamo cominciare a pensare che la nostra strada è sbagliata. Ci vuole un sveglia, anche violenta.

So che questo è contrario ai criteri con cui ci si immagina le rivoluzioni,ma non dimentichiamo che la prima rivoluzione è stata realizzata nel paese con più basso livello di sviluppo capitalistico.

Il dubbio era questo ma forse si tratta di una farneticazione dettata dalla pandemia (forma estrema e risolutiva di soluzione)

mercoledì 5 gennaio 2022

Futuro. Tutto deve cambiare

 

Diario 5 gennaio 2022

 

Cosa ci si aspetta possa capitare domani? Credo che la grandissima maggioranza delle persone spera nella fine della pandemia; una maggioranza spera contemporaneamente nella fine dell’incertezza economica e un assetto economico più stabile e più inclusivo. Qualcuno spera  nell’arrivo di soldi,  qualche altro spera in un maggior potere, qualcuno spera di incontrare l’amore della sua vita, qualcuno più modestamente spera in una casa migliore e adatta alla sua famiglia, qualcuno, figuriamoci, spera nella felicità. Tutto ovvio e  anche insensato.

Dallo schermo televisivo filosofi, economisti, sociologi, uomini di cultura (chi sa qual è il significato reale di questa locuzione), sacerdoti e cardinali ci dicono che il futuro è nelle nostri mani.

Il che ha un significato chiaro: il nostro personale futuro sarà quello che l’attuale organizzazione sociale ed economica ci assegna, in un certo senso ci impone. Erediteremo dal nostro passato: miserie e nobiltà, ricchezza e povertà, ignoranza e cultura, grettezza e generosità… Pochi riusciranno a liberarsi dalla propria eredità.

Ma se il futuro personale è in minima parte nelle nostre mani, quello collettivo potrebbe essere la realizzazione di quello cercato e desiderato,  ma solo e  a condizione che lo si cerchi e lo si voglia tutti insieme.

Nella storia dell’evoluzione della nostra specie ogni forma di organizzazione sociale che ci siamo dati ha finito per giungere ad un punto in cui, per dirla con il linguaggio corrente della politica, la spinta propulsiva di quella organizzazione sociale si indeboliva e svaporava. Così città-stato, grandi nazioni, imperi, ecc. sono decaduti, travolti per la povera energia propulsiva espressa. Si,  congiure di palazzo, guerre, pestilenze, ecc. ma se si guarda bene dentro si vede come in ciascuna organizzazione ha finito per il decadere della propria forza innovativa e per la sua capacità di integrazione.

È tempo che si riconosca che la società odierna, nelle sue varie forme e articolazioni, che siamo soliti chiamare capitalista, o industriale, o consumistica, ecc. fino a socialista, appare giunta alla fine della sua corsa. Non solo non è in grado di garantire le sue promesse, ma addirittura sembra regredire e mettere in discussione la stessa sopravvivenza del pianeta che conosciamo. Nei dibattiti sull’ambiente, sulla disoccupazione o sulla natura “nuova” del lavoro, sull’immigrazione, sulla povertà, sul razzismo, ecc. in realtà di questo si parla sotto le righe. E questo mette paura.

Imboniti come siamo dal piccolo schermo, accidiosi, impauriti, terrorizzati davanti ai reali cambiamenti necessari, ci pare che lo stato della nostra società non possa essere cambiato, si non è perfetto ma insomma non ci si sta male. Nessuno riflette che lo star bene di uno corrisponde allo star male di un altro.

Non si tratta di contrapporre riforme a rivoluzione, ma piuttosto operare per riforme-rivoluzionarie, a partire della cancellazione della proprietà privata dei beni capitali, con tutto quello che ne discende in termini di organizzazione del lavoro, di scelte produttive, di sicurezza individuale e collettiva, ecc. Per non parlare delle forme di rappresentanza politica e di democrazia diretta. O ancora sulla durata, i contenuti e le forme organizzative della scuola.

Detto questo mi affiora un sospetto, ma di questo vi parlo nel prossimo diario.