lunedì 7 dicembre 2020

Lidia Menapacde

 

Diario, 7 dicembre 2020

Nella tristezza per la morte di Lidia, è consolante la massa di ricordi, di testimonianza di affetto, di stima e di dolore che in queste ore investono la rete. Lidia li merita tutti.

Con Lidia ho lavorato politicamente a Il Manifesto, Lei ed io eravamo, in quel gruppo dirigente, degli “stranieri”, non venivamo dal PCI, non che i compagni ce lo facessero pesare, ma è certo che la narrazione degli altri ci era estranea. Non un vincolo, non un tratto di timore, ma la necessità di legarci agli altri era molto forte. Almeno io dai compagni ho appreso molto.

Lidia era intrepida ma non settaria, forse qualche volta cocciuta,  la sua apertura sociale, rafforzata dalla sua antica pratica cattolica, le permetteva una visione della società che aveva i suoi punti di riferimento negli ultimi, ma negli ultimi mobilitati.    

Le scelte politiche individuali ci hanno diviso, e soprattutto separati nella quotidianità. Io la seguivo da lontano. Nell’ultimo anno, ci siamo qualche volta scritti, io le invio il mio diario e talvolta mi scriveva la sua opinione, d’accordo o in disaccordo che fosse. Per me era sempre un grande piacere.

È un anno terribile, ma non per il virus, ma per i colpi pesanti che il tempo ci somministra, prima Rossana ora Lidia, amiche mie vi tengo nel cuore.

Una compagna oggi mi ha ricordato che in un certo periodo i compagni sostenevano  che Lidia ed io ci somigliavamo, fisicamente, era il periodo nel quale portavo i capelli lunghi, non so se sia vero che ci somigliavamo, ma la cosa mi fa piacere.  

 

 

 

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