venerdì 18 aprile 2014

Il “ricatto” paga ma non fa bene al paese

Diario 256
  •  Il “ricatto” paga ma non fa bene al paese
  • Volgarità
  • Nuova disciplina universitaria  


Il “ricatto” paga ma non fa bene al paese
 Non è un bel paese quello nel quale le più importanti istituzioni si fanno “ricattare”. Non è difficile capire che la minaccia da parte di Silvio Berlusconi di far saltare le “riforme” se non gli fosse riconosciuta “presenza politica” e “agibilità politica” ha spinto il Presidente della repubblica a riceverlo, nel più alto colle della politica italiana, nonostante che l’ospite sia stato  condannato per reati contro lo Stato e sotto processo, con una prima condanna, per altri reati. Napolitano seguendo un suo convincimento sulla necessità delle riforme, di quelle riforme, si è piegato, diciamo così, per gli interessi del paese (individuati nelle riforme in cantiere) all'arroganza del condannato.
Così come la cena del Presidente del consiglio con Silvio Berlusconi e l’inquisito Verdini ha la stessa matrice. Per la paura di rimetterci la faccia, come egli dice, Renzi ha accordato al condannato Silvio Berlusconi una cena (un tratto di maggiore amichevolezza rispetto a quella del Presidente della Repubblica) che insieme all'incontro con  Napolitano ha illuminato il condannato di visibilità politica.
Incontri necessari? Assolutamente no, la riaffermazione degli accordi del Nazareno poteva essere lasciata ai plenipotenziari, ma Berlusconi voleva essere illuminato e questo ha ottenuto.
Non è una bella storia quella di un Presidente della repubblica e di un Presidente del consiglio che ricevono un condannato per reati gravi contro lo stato e sotto processo per reati altrettanti gravi.
Se è un mascalzone chi ricatta lo sono un po’ meno chi si fa ricattare per nobili motivi o solo per propria convenienza politica.
Ma gli incontri hanno avuto “buon esito”. Non dubito che i giudici che hanno definito le modalità attraverso le quali il condannato dovrà scontare la pena, hanno applicato la legge, ma non pare inverosimile che l’applicazione sia stata …benevola,  frutto di quella illuminazione di cui si è detto. Berlusconi non è un condannato pentito, al contrario rigetta la condanna e ha condotto una campagna quanto mai aggressiva verso la magistratura tendendo a delegittimarne ruolo e funzione. Non è che i magistrati si sarebbero dovuti vendicare, ma avrebbero potuto essere legittimamente più severi data la personalità delinquenziale del quale dovevano stabilire le modalità di applicazione della pena. Si potrebbe dire che anche loro sono stati sottoposti alla pressione di due ricatti quella del condannato e quelle delle massime cariche dello stato che il condannato hanno onorato.    
Tutto questo poi perché? Per una legge elettorale sicuramente antidemocratica e, con molto probabilità, anche anticostituzionale che non è escluso porti i grillini al potere (non per virtù di consenso ma per i marchingegni della legge) e per una riforma del Senato che grida vendetta.
Non tutte le riforme sono buone per il solo fatto di essere … riforme; spesso i riformatori, diciamo così, si innamorano delle parole.

Volgarità
Le forme delle volgarità sono tante, da chi si mette le mani dentro il naso a chi ti erutta in faccia, ma queste volgarità sono il segno di una cattiva educazione, ma ci sono delle volgarità, chiamiamole intellettuali, che sono costruzione cosciente (e se incoscienti ancora peggio) di ferire, ma che alla prova dei fatti servono piuttosto a disegnare la personalità di chi le elabora.
Il Presidente del consiglio, Matteo Renzi, è un grande costruttore di volgarità intellettuali, certo figlie della sua tracotanza, ma questo aggrava.
Quanto egli formula la sua reazione nel “se ne devono fare una ragione”, o ancora “vuol dire che me ne farò una ragione”, egli definisce l’interlocutore non degno di attenzione, intende dire non conti niente per me, io vado avanti per la mia strada delle tute ragioni me ne faccio un baffo. Se il “baffo” poi è un interlocutore sociale, come per esempio il sindacato, dimostra il suo autoritarismo. Non sto dicendo che il sindacato ha sempre ragione, ma costituisce uno dei  “soggetti”  meritevole di attenzione da parte di chi questo paese intende governare. Detto sinteticamente il “se ne devono fare una ragione” è la traduzione toscana del ligure “fa va…” di Grillo. Il guaio per noi è che il paese se li merita tutte e due.

Nuova disciplina universitaria  

Non sono chiari ancora i termini della manovra che il governo sta mettendo a punto, ma quello che pare certo che da questo momento in poi non basta più nelle Università l’insegnamento di Scienza della Finanza, ma si impone una nuova disciplina Ingegneria della finanza dello stato. Tra anticipazione, rivalse, ecc. la macchina non solo è complicata ma rischia di non funzionare. Per la verità aveva cominciato il già dimenticato ministro Tremonti, ma ora ci riprova Renzi anche se gli obiettivi di quest’ultimo sono sbagliati ma apprezzabili (tra gli errori, diciamo così, pare paradossale che ha ricevere di più, dentro la fascia dei redditi stabiliti, siano quelli con più alti redditi. Misteri delle manovre e dei marchingegni)      

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