sabato 28 dicembre 2013

Diseguaglianze, stagnazione e … cecità

Diario 239 (28/12/2013)
  •   Diseguaglianze, stagnazione e … cecità   
  •  Animalisti senza anima   



Diseguaglianze, stagnazione e … cecità

Studiosi, premi Nobel, ricercatori e funzionari pubblici sono ormai numerosi a sostenere:

- che la condizione economica normale per un lunghissimo numero di anni sarà la stagnazione; ci saranno momenti modesti e brevi di ripresa economica, ma la linea di lungo periodo sarà caratterizzata da stagnazione;

- all'origine di questa situazione ci sono molte cause, ma principalmente gli effetti della deregolamentazione finanziaria legata alla mondializzazione e finanziarizzazione dell’economia;

- La situazione di crisi è alimentata dalle diseguaglianze: pochi possiedono molto, e questo molto cresce ogni anno anche nel periodo di crisi, e molti possiedono poco e sempre meno dentro la crisi.

Basterebbe leggere qualche libro, qualche articolo, ma anche chi non è avvezzo a questo tipo di informazione (i politici sempre più nuovi) la stessa documentazione potrebbero trovare in internet. Insomma pare chiaro che non sanno e non vogliono sapere. Si consolano con rimedi palliativi: meno austerità; meno spesa pubblica (che deprime l’occupazione); provvedimenti legislativi (di liberalizzazione) per creare posti di lavoro (come se questi ultimi si potessero realizzare con una legge); economia verde; ecc.

Anche i rimedi palliativi, come è noto, possono portare sollievo al malato, ma non lo curano. Lo stesso avviene nella realtà economica del mondo moderno.

Non so come debba essere il socialismo e il comunismo del XXI secolo, ma mi pare di capire che prospettare la proprietà pubblica dei mezzi di produzione rischierebbe di mettere in mano al pubblico dei “ferri vecchi”, mentre mi sembrerebbe sensato pensare ad un’economia mista, governata da regole semplici ed efficienti; ma sicuramente la modifica dei rapporti sociali di produzione passa per una riorganizzazione del mercato del lavoro: orario, sicurezza, ciclo di vita, ecc.

Ma una cosa sembra urgente: una lotta dura ed efficace contro le diseguaglianze. Di questa il governo non si occupa, al massimo ripete la giaculatoria della lotta all’evasione, ma non si tratta solo di questo. Gli “spiriti” animali che in astratto (sbagliato) farebbero bene allo sviluppo economico si sono dimostrati un disastro. Non solo un disastro per la poca previsione del futuro del pianeta (ambiente, mutamenti climatici, ecc.), ma soprattutto un disastro per l’economia (mondiale) e per la condizione di uomini e donne: riduzione dei consumi, miseria cumulativa, spreco di intelligenza scientifica e tecnologica, spreco di potenzialità e intelligenza di uomini e donne, ecc .

Le possibilità che oggi sono offerte alla specie in ragione degli avanzamenti scientifici e tecnologici sono foriere di un possibile mondo migliore, ma questo potrà realizzarsi sono basandosi su libertà e uguaglianza (e diritti), solo combattendo gli spiriti animali (che stranamente paiono trasmettersi attraverso il DNA, infatti, con modesti allargamenti sono sempre le stesse famiglie o i partecipanti di specifici gruppi sociali che ne sono dotati, mentre agli altri non resta che l’animalità), si potrà ottenere qualche risultato.

La lotta alla diseguaglianza, bisogna sapere, costituisce una vera “rivoluzione” , un notevole passo verso la rivoluzione sociale e una necessità anche per difendere democrazia e libertà.

Non si tratta di togliere a chi più ha per darlo a chi meno ha, ma fondare una nuova condizione umana nel quale il “soldo” non sia l’unico mezzo che garantisca prestigio e merito (molto spesso si tratta di pochissimo prestigio e di un merito opaco e discutibile).

Non mi immagino né una soluzione rapida né immediata, ma quello che fa specie e l’assoluta cecità (non di nascita ma acquisita) non solo della classe politica e specialmente di quella di governo, ma di quanti cercano strade impervie e senza sbocco sprecando intelligenza e tempo. Mi pare che il tempo sia sempre meno e che iniziative in questa direzione devono essere prese, e si tratta di iniziative che non possono essere il risultato di lotte di base (come si diceva un tempo) ma di una relazione stretta tra consapevolezza, mobilizzazione, conflitti e scelte di governo.


Animalisti senza anima

Il degrado della nostra società ha tanti sintomi, tante espressione, ma una che mi turba è l’adesione a quelle che è possibile definire sub culture. Credo che ciascuno di noi ha diritto alle proprie convinzioni e fedi, si tratta di un modo per “sentirsi bene”, come ripetono. L’idea che una fede possa determinare una migliore società ha avuto spesso esiti disastrosi, guerre di religioni, realizzazione di sette chiuse e nascoste, ecc. Una società che non riesce a guadagnare uno statuto laico è destinata, forse, a perdersi.

Si può essere vegetariani, si può essere vegani, si può essere crudicisti, una scelta personale garantita da libertà. Ma ci sono alcune di queste sub culture che per il lo intrinseco contenuto sono portatori della necessità di imporre il loro punto di vista. Uno di questi casi è quello degli animalisti. Non si tratta solo di un punto di vista che riconosce la necessità di un rispetto del mondi animale, la sua difesa, la cancellazione di abitudini violente e senza scopo (la caccia alla volpe, per esempio), ma di qualcosa di più. Gli animalisti, che dovrebbero essere tutti vegetariani, cercano di imporre punti di vista che a me paiono dissennati: come l’esclusione della sperimentazione sugli animali, come l’opposizione alla eliminazione di presenze in “sopra numero” (come i piccioni a Venezia, o i cinghiali in certe contrade, ecc.), ecc. Ma alcuni, spero non tutti, risultano accecati e violenti. Mi hanno sconcertato gli attacchi contro Caterina Simonsen che aveva dichiarato che la sua vita è il risultato di ricerche scientifiche, comprese la sperimentazione animale, che hanno permesso una cura alla sua malattia.

La reazione di alcuni animalisti è stata non solo fuori tono ma di una violenza inusitata. Del tipo: se sei viva con il sacrificio di animali non sei degna di vivere; piuttosto che sacrificare animali, fossero anche due topi, era meglio che fossi morta a nove anni, ecc.

Quello che preoccupa non è il caso specifico, degli imbecilli si trovano in ogni gruppo ma il sintomo della malattia che questo caso fa emergere: il degrado delle coscienze e dell’intelligenza.

La solidarietà con Caterina, appare necessaria, anche per combattere stupidità e violenza.

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