domenica 18 dicembre 2011

Diario 155 12-18 dicembre

Diario 155 12-18 dicembre

F.I.

- La Fiducia, una nuova divinità … maligna

- Quale democrazia, quali istituzioni?

- Equità

- Liberalizzazioni

- Marchionne e la controriforma contrattuale

- Scajola, cambia versione

- Citazioni: nel bene e nel male

La Fiducia, una nuova divinità … maligna

C’è una nuova divinità alla quale i governi occidentali sacrificano, con riti propiziatori e offrendo il sangue e le lacrime del popolo, cercando di farsela amica: è la dea FIDUCIA DEL MERCATO.

Le istituzioni comunitarie, anche quelle che per esperienza dei loro governanti dovrebbero saperla lunga, suggeriscono e indicano ai singoli stati sottoposti alla speculazione e a quelli che lo saranno in futuro, decisioni restrittive che dovrebbero permettere loro di conquistare la dea Fiducia del mercato. Ormai le azioni politiche che i governi prendono non hanno a che fare con gli interessi dei loro cittadini ma servono solo ad onorare la nuova divinità. Anche le possibili trasformazioni della UE non sono finalizzate a beneficio dei popoli, ma a guadagnare l’apprezzamento del nuovo idolo.

Ma la fiducia è una dea maligna, fa finta di essere contenta e di apprezzare i sacrifici (non virtuali ma reali); per un giorno dormicchia e poi sferra un nuovo attacco chiedendo (spaventando con lo spread) nuove sangue.

Sarà sempre così fino a quando non ci si renderà conto che quella della Fiducia del mercato è una bufala metropolitana messa in giro proprio dal mercato finanziario speculativo per rendere il proprio lavoro più facile e ingrassante. La speculazione, o meglio gli speculatori (istituzioni, persone fisiche, fondi di investimento, ecc.) hanno tante e tali risorse e messo a punto adeguate tecnologie che non scrutano le opportunità, ma essi stessi se le creano e le realizzano (della fiducia non sanno che farsene).

Quale democrazia, quali istituzioni?

Pare di un certo interesse, non accademico, la discussione che si è avviata sugli esiti che possono scaturire dal “dopo governo Monti” in ordine alla nostra democrazia, alle stesse istituzioni, e ai partiti.

Che il governo Monti sia una “anomali” è certo, che la maggioranza che lo sostiene sia un’altra anomalia è altrettanto certo (nonostante i distinguo sui quali si esercitano sia il PD che il PDL), che si tratti di una soluzione emergenziale (la “casa brucia”) è un racconto che si ripete.

Che la manovra del governo sia stata approvata da quasi tutti i partiti (questa è la sostanza) mentre ciascun partito (ad eccezione del Terzo polo) aveva critiche e perplessità su suoi contenuti ci dice che la democrazia parlamentare è “sospesa”. Il Parlamento, lodato dal Presidente della repubblica, è costretto ad approvare, di fatto, quello che il governo propone. Una situazione fortemente anomala e preoccupante, non solo ma che costituisce una “esperienza” utile (molti lo pensano anche se pochi lo dicono).

Alcuni commentatori pensano che chiusa questa esperienza tutto può tornare come prima (i partiti riprendono il loro ruolo, dopo aver di fatto dichiarato la loro incapacità di governo), il Parlamento torna ad essere l’aula libera di confronto e di scelta (sic!), i partiti rappresenteranno i cittadini contenti e soddisfatti (forse no!). Altri pensano che non sia così. Che quello che sta avvenendo è un’incisione profonda sul corpo della nostra democrazia e sul potere di deliberare del Parlamento. È inutile affermare che è il Parlamento che decide sulle proposte del “governo tecnico”, non è così sia perché il Parlamento è “costretto” (non solo la casa brucia, ma può crollare, si minaccia), ma non lo è ancora di più quando il “governo tecnico” usa uno degli strumenti più biechi della tradizione politica per mortificare il Parlamento, il “voto di fiducia”.

Il tema appare complesso ma anche vitale, forse varrà la pena di tornarci su ancora.

Equità

Molti partiti, con divisione interne, i sindacati, in questo uniti, accusano il Governo Monti di aver messo in piedi una manovra rigorosa ma non equa. Che la manovra abbia fatto propria la necessità (unanime?) di “riforme impopolari” non deve meravigliare, sarebbe stato strano e sconvolgente il contrario, è mesi che si ripoete della necessità di riforme impopolari. Che a partire da questa assunzione essa sarebbe potuta essere equa, pare una speranza immotivata. Neanche Robin Hood sarebbe stato capace, a partire dalle premesse che ha mosso questo governo. Anche perché il prof Monti pensa che sia la “concorrenza” a regolare la distribuzione delle risorse: a ciascuno secondo i propri meriti, al massimo lo Stato può svolgere il ruolo della Croce Rossa in zona di guerra: può curare i feriti ma non può fare nulla perché altri non siano feriti.

Liberalizzazioni

È certo che in una società complessa come la nostra, alcune delle transazioni devono essere svolte dal mercato, un mercato che deve essere in grado di evitare i suoi errori e le distorsioni distributive alle quali spontaneamente è portato. Il punto di vista che deve prevalere è l’interesse del cittadino (il consumatore) e i suoi vantaggi; a questi devono guardare i governanti, ma tale interesse non si raggiunge semplicemente rendendo più aperto il mercato, tale apertura, in realtà, può dare risultati perversi. È noto per altro che nella nostra società (italiana, ma non solo) la fanno da padroni corporazioni e chiusure di mercato che non portano nessun beneficio al consumatore e che vanno frantuimate.

Liberalizzare si può, forse si deve, se insieme si mettono in campo strumenti di controllo per evitare distorsioni e, appunto, affinché siano beneficiati i consumatori. Questi ultimi non costituiscono una figura astratta, buona magari per l’elaborazione di una teoria o un modello economico, sono persone, donne e uomini, e i benefici che questi devono e possono ricavare bisognerà misurare e controllare.

Che Bersani sia un fautore delle liberalizzazioni (quasi un fondamentalista) è certo, tutti ci ricordiamo le sue “lenzuolate”, ma che lo stesso non si ponga il problema dei benefici concreti che possono derivare alla popolazione dei consumatori fa un po’ specie. Dico benefici concreti e reali, non “teoria”; dovrebbe sapere che di per sé l’apertura del mercato non garantisce tali benefici generalizzati.

Sono molto interessanti e istruttive le due pagine de La Repubblica (17 dicembre), inneggianti alle liberalizzazioni e a individuare le resistenze delle lobby. Nelle stesse pagine è stata pubblicata una tabellina che mette in evidenza gli effetti delle liberalizzazioni effettuate in passato (con indicazione dell’anno della liberalizzazione, delle variazioni del prezzo del servizio, della variazione dell’inflazione nel periodo e l’eventuale aumento del servizio in relazione all’inflazione). Una tabellina, elaborata dalla Cgia di Mestre, molto istruttiva che il giornale pubblica come un foto riempitiva, senza commento alcuno e senza che la sua analisi susciti qualche riflessione. In sintesi riporto il settore, l’anno di liberalizzazione e l’aumento rispetto all’inflazione: Assicurazioni auto, 1994, + 4,2 volte l’inflazione; servizi bancari 1994, + 2,5 volte; trasporti ferroviari, 2000, + 2 volte; autostrade, 1999, +1,7 volte; aerei, 1997 + 1,4 volte; gas, 2003, + 1,9 volte; trasporti urbani, 2009, +1,9 volte; i servizi postali, 1999, sono rimasti uguali; sono invece diminuiti: energia elettrica, prodotti farmaceutici, servizi telefonici. Mi pare che ci sia materia per riflettere.

L’idea, infine, che le liberalizzazioni siano un contributo allo sviluppo e possano contribuire allo sviluppo non è chiaro da dove venga? Il liberismo è il problema non la soluzione.

Marchionne e la controriforma contrattuale

Il finanziere della Fiat, non riesce a vendere le sue macchine, ma in compenso è bravo a fare (con il ricatto) la controriforma dei diritti dei lavoratori. Il “contratto Pomigliano”, che a detta dei sindacati che l’avevano firmato, non costituiva il modello per tutto il gruppo, ora è il contratto di tutto il gruppo, cancella il contratto nazionale, mette i lavoratori in balia delle necessità dell’azienda, ed esclude i sindacati che non firmano. Oggi la Fiom, e domani?

Su questo bell’esempio si innesta la volontà del governo Monti, ribadita a più voci, di metter mano alla questione del lavoro, art. 18, ecc. Un premessa, questa Fiat molto pericolosa.

Scajola, cambia versione

Tutti si ricordano che l’ex ministro Scajola è stato il protagonista di una delle maggiori bugie pubbliche dell’era berlusconiana. Se la palma per la bufala maggiore spetta a Silvio Berlusconi (Ruby, nipote di Mubarak), Scajola si colloca al secondo posto: ha comprato una magnifica casa con vista sul Colosseo pagandola meno della metà perché a sua insaputa, qualcuno aveva pagata la differenza. Il misterioso benigno e generoso folletto era l’imprenditore Anemone. Scajola si fece forza della sua ignoranza, ma non potendo scansare lo scandalo, si dimise: si disse alto senso dello Stato. Ora si viene a sapere che in una sua “memoria” consegnata ai giudici che indagano sul fatto, ha cambiato versione: non un misterioso donatore, ma un gentile regalo personale di Anemone.

Berlusconi non si preoccupi, anche con questa seconda inverosimile versione, il primo posto per la maggiore bufala non è in discussione. Anche i giudici che indagano non hanno creduto al “dono” (circa 1 milione di euro, non poco) e hanno rinviato l’ex ministro a giudizio.

Citazioni: nel bene e nel male

Christian Marazzi (intervistato da Ida Dominijanni)

“L’Europa dei debiti sovrani è l’equivalente del mercato statunitense dei subprime, solo che al posto dei singoli individui indebitati ci sono gli stati indebitati. Ma una differenza c’è, a tutto svantaggio dell’Europa, ed è politica, anzi istituzionale e costituzionale: in Europa non c’è Costituzione e non c’è una banca centrale. C’è la BCE che delega la monetizzazione dei debiti ai mercati, emettendo liquidità su richiesta di quelle stesse banche che hanno contribuito a creare debito pubblico e ora ci speculano sopra”, Il Manifesto 3 dicembre 2011-12-17

Rossana Rossanda

“In verità è assai poco chiaro il confine tra quelli che chiamiamo politica, diritto, economia. La misure della UE, riprese da Monti, sono ‘economiche’ se economia si riduce a ‘contabilità di bilancio, ma sono ‘politiche’ sotto quello dei rapporti fra le classi e le conseguenze sull’intera società”. Il Manifesto, 13 dicembre 2011 (cito dal resoconto di Rossanda dell’incontro di Firenze “La Rotta d’Europa”, del 9 dicembre. Ne consiglio la lettura integrale, mette il luce i nodi dell’oggi e la mancanza di un a spada per tagliarli)

Fabbrizio Barca (ministro per la coesione territoriale)

“La peculiarità del sud, questa sì, e nella debolezza straordinaria del contratto sociale: i cittadini non sono affatto certi che lo Stato produca beni collettivi, ritengono piuttosto che persegua interessi particolari. Così rinunzia a pensare che lo Stato abbia un dovere verso la comunità. È questo che rompe il contratto sociale. E alla sua ricostruzione si deve lavorare. Da qui il nostro progetto: non nuove opere , ma l’ambizione di realizzare un servizio migliore per i cittadini.” (dei 3,1 miliardo: 1 alla scuola, 400 milioni per l’agenda digitale, 140 milioni credito per l’occupazione, il resto per un fondo investimenti ferroviari). La Repubblica 16 dicembre 2011 (Importante, ma non convincono i due tempi, prima il contratto sociale e poi lo sviluppo, non si può tentare ambedue insieme?)

Christine Lagarde (Fmi)

“Siamo sull’orlo di una crisi tipo 1929” La Repubblica 16 dicembre 2011 (lo sospettavamo! Ma il Fmi cosa fa ?)

Angelo Bagnasco (Cardinale)

“Lo spazio per i cattolici non dovrebbe trovare pregiudiziali rispetto alle questione decisiva dell’etica della vita, come per la libertà scolastica. È questo un valore sancito dalla Costituzione che prevede l’istruzione come un diritto da garantire a tutti senza darne l’esclusiva allo Stato” Corriere della Sera, 17 dicembre 2011 (No, eminenza, la Costituzione non nega l’esclusività della scuola statale, invece obbliga lo stato ad organizzare scuole di ogni ordine e grado, ma ritiene che privati ed Enti possano “istituire scuole e istituti di educazione senza oneri per lo Stato”. Il suo eloqui è cripto, ma tradotto significa che lo spazio dei cattolici in politica è legato all’accettazione da parte di tutti delle pregiudiziali, così sono citate, sull’etica della vita e sulla libertà scolastica ( da nessuno mai negata). In compenso il capo della chiesta italiana si dice disposto a corregger la questione dell’ICI se si evidenziassero delle elusioni. Grazie)

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