domenica 4 dicembre 2011

Dalla realtà passiamo alla politica

Dalla realtà passiamo alla politica

Francesco Indovina e Angelo Tirrito

per Il Manifesto

C’è una grande attesa per gli eurobond, ma per il debito degli Stati non cambierà nulla, sarebbero debitori in eurobond. Ma, si dice, gli eurobond sarebbero più affidabili e … assicurerebbero gli speculatori. Che illusione. Inoltre cosa potrà cambiare dal punto di vista dei rendimenti; inoltre gli eurobond avranno un rendimento unico o sarà il mercato che li stabilirà Stato per Stato?

Ma torniamo all’Italia. Lo spread indica la nostra debolezza e dobbiamo abbozzare. Non è possibile operare sullo debito, si dice. È necessario subire i rialzi dei rendimenti perché, si argomenta, in caso contrario non si troverebbe sul mercato chi sarebbe disposto a prestarci nuovo danaro. Ma attenzione dobbiamo cercare nuovo danaro sul mercato solo per rinnovare i debiti già contratti. I risparmiatori e gli speculatori i soldi ce li hanno già dati, è il nostro debito.

Banche, fondi, individui, ecc. hanno in mano titoli in scadenza, titoli che all’atto della loro sottoscrizione non superava il 3-4%; titoli perfettamente validi anche se alla scadenza non venissero onorati (sono cambiali dello Stato). In sostanza chiediamo soldi per rinnovare il nostro debito e il loro credito. Una sorta del rinnovo di una cambiale. Gli interessi più alti che paghiamo sono una sorta di “diritto di mora” per il rinnovo della cambiale, cioè del debito. L’asta che periodicamente si fa dei titoli di stato serve solo per pagare i titoli scaduti, cioè per rinnovare il debito spostandone nel tempo la scadenza; i rinnovi avvengono ad elevati rendimenti per danaro già prestatoci, con la scusa di favorirci con nuove e più lontane scadenze.

Che si può fare? Dato che i governi nella migliore delle ipotesi non sanno che pesci pigliare, la cosa da fare, senza arrivare agli estremi del fallimento che fa orrore, è congelare per cinque anni il debito. Cosa che dovrebbe interessare anche il “piccolo” risparmiatore, meglio del fallimento che vedrebbe vanificare il proprio capitale. Cinque anni nei quali non dobbiamo chiedere prestiti.

In questi cinque anni i governi potrebbero capire quali sono i mutamenti che sono avvenuti nel capitalismo e nella finanza e potrebbero prendere provvedimenti adatti (dal controllo sui tassi d’interesse, al controllo sui cambi, alla eliminazione delle Borse, alla riorganizzazione delle banche alle quali sarebbe proibito operare nella “finanza”, mettere imposte sulle transazioni finanziarie e sui patrimoni, ecc.) e attivare politiche industriali e di sviluppo (magari ecologiche). Tutti provvedimenti che tuttavia non inciderebbero, almeno crediamo, sulla natura del “nuovo capitalismo” e che non coglie l’opportunità di un cambiamento profondo. Per chi credesse invece che sarebbe una buona occasione per cominciare a sperimentare nuove società, attivando forme avanzate di democrazia, nuove e diverse organizzazioni sociali ed economiche. Cinque anni potrebbero essere una grande occasione.

Certo questa soluzione dovrebbe essere comune a tutti i paesi, almeno all’Europa (ammesso che i decisori politici fossero indipendenti dalla “finanza”); in questa direzione il professor Monti potrebbe esercitare la forza della sua serietà e credibilità, il guaio è che egli pensa cose diverse.

Ma si potrebbe fare da soli. Le forze ci sono, ma la politica sarà in grado di fare la sua parte?

Anche Nouriel Roubin propone qualcosa di simile: o la svalutazione del 25% del debito, o il suo rinnovo a 20-30 anni (La Repubblica 30.11.2011).

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