domenica 25 settembre 2011

Innovazione nelle politiche urbane, un'intervista

Che si cerchi di aggirare le vere cause della difficoltà di “governare le trasformazioni del territorio” (oggetto della pianificazione territoriale) attraverso l’invenzione di “nuovi strumenti” è la dimostrazione di due fenomeni insieme gravi e comici.

Il primo fa riferimento ad una sorta di fuga dalla realtà soprattutto di chi ha “responsabilità politiche” (responsabilità di decidere) con l’attribuzione a pretesi vincoli “insopportabili” o a norme e strumenti vecchi la responsabilità dei “disastri territoriali”, mentre, come è noto, essi dipendono da un deficit di “volontà” di decidere. Una mancanza alimentata da una defaiance dell’intelligenza politica che, da una parte, pretenderebbe che ogni scelta territoriale trovasse tutti d’accordo (gli operatori immobiliari, le aziende di servizi, i proprietari delle aree, i comitati di cittadini e … gli elettori) e dall’altra parte si fonda su una discutibile interpretazione circa l’irragionevolezza di applicare ad una “comunità” una scelta che non condivide. A me pare si possa convenire che una comunità ha diritto a condividere un piano che disegna il suo assetto futuro, ma tale condivisione va raggiunta non tanto a livello della mediazione di tutti gli interessi (impossibile, in pratica) ma trovando un equilibrio più avanzato di gestione delle trasformazioni.

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