lunedì 28 ottobre 2013

Consumo di suolo e riconversione ecologica delle città, Luisa Calimani







Contributo ad una proposta di Legge su “Consumo di suolo e riconversione ecologica delle città”

(Luisa Calimani)



Premesso che le questioni trattate dovrebbero far parte di un organico disegno di Legge sul Governo del Territorio, consapevoli della difficoltà di raggiungere in questa legislatura un accordo onorevole sulla legge che rappresenta la carta costituzionale della pianificazione urbanistica, dalla quale far discendere comportamenti virtuosi per Regioni, Comuni e Aree Metropolitane in rapporto alle competenze ad essi attribuite dal titolo V della Costituzione, è opportuno e necessario affrontare con tempestività temi che presentano caratteri d’urgenza. Tutti i dati relativi agli attacchi aggressivi che si sono perpetrati ai danni del territorio dicono che non si può attendere. La superficie impermeabilizzata , dal 1956 al 2000, ha subito in Italia un aumento del 500%, vengono consumati ogni giorno 100 ettari di territorio inedificato.

Se però la risposta che verrà data, sarà solo di “indicazioni” e “principi”, non solo la Legge non produrrà alcun effetto positivo, ma creerà l’alibi per comportamenti analoghi a quelli già praticati.

Assume sempre maggior rilevanza controllare il consumo di suolo nelle fasi previsionali ed attuative degli strumenti urbanistici e lo “strumento” dell’impronta ecologica appare il più adeguato per misurare e monitorare l’impatto dei piani sul territorio.



L’obiettivo della Legge è migliorare le condizioni di vita degli esseri viventi, sia nelle aree antropizzate che in quelle naturali e agricole. Ciò avviene attraverso il maggior rispetto della natura, la tutela dei territori non edificati, un modello urbano che sappia creare condizioni di benessere alle persone e che contribuisca ad estendere l’esercizio della democrazia di cui la città è stata per secoli la culla. Una città nella quale la rendita urbana sia restituita agli abitanti in forma di servizi e opere che realizzano la città pubblica.

Il modello insediativo diffuso rende difficile una chiara definizione di ciò che rientra nel territorio urbanizzato e non urbanizzato. Quindi sarebbe opportuna una suddivisione in categorie alle quali far corrispondere diverse prescrizioni: gli spazi aperti, quelli semiurbanizzati e quelli della città consolidata

La dispersione insediativa ha provocato non solo consumo di un bene prezioso e “finito” come il suolo causando danni economici e dissesti idrogeologici dovuti alla riduzione della superficie permeabile dei terreni, urbani ed extra urbani, ma ha anche causato costi infrastrutturali consistenti che sono gravati sui bilanci pubblici del Comuni.



Il suolo esterno al perimetro dei centri edificati va quindi tutelato impedendo nuove espansioni, ma questo deve avvenire nel rispetto e nella difesa degli agglomerati urbani, della loro identità, dei diritti urbani dei cittadini di avere un ambiente sano e confortevole in cui vivere.

Nelle città vive l’80% della popolazione

Il degrado urbano è insieme degrado edilizio, urbanistico, sociale e ambientale

La rendita urbana ne è la causa principale

I vuoti urbani sono un bene prezioso che deve essere preservato e difeso dagli attacchi della speculazione edilizia

La rendita si sviluppa dove più alta è la remunerazione del capitale investito. A parità di costi di costruzione, gli immobili assumono valori molto più elevati nelle aree urbane centrali rispetto a quelle periferiche, e dove gli indici di edificabilità sono più alti. Il plusvalore determinato dalla localizzazione dell’immobile e dalla destinazione d’uso delle aree attribuita dagli strumenti urbanistici pubblici deve essere restituito alla collettività.



Le strane convergenze che si sono manifestate fra ambientalisti, neoliberisti, speculatori e costruttori, sul tema: stop al “consumo di suolo” extraurbano e incontrollata invasione, occupazione, densificazione di quello urbano, derivano dal fatto che le lottizzazioni periferiche ormai rimangono invendute, che la crisi edilizia impone di concentrare gli interventi e gli investimenti nei più redditizi territori centrali e che questo deve essere favorito da una cultura o incultura urbana sorretta da leggi che lo consentano.

In questo modo le città verranno saturate e devastate irrimediabilmente. Salvare i territori agricoli è necessario, ma non lo si può fare consumando le poche aree libere e permeabili rimaste all'interno dei tessuti edificati, preziose per il benessere fisico e sociale dei cittadini, per un miglioramento del microclima urbano, per un adeguato soleggiamento dei fabbricati e necessarie per evitare i sempre più frequenti allagamenti.

La così detta “densificazione” delle città, indicata dalle proposte di legge presentate quale alternativa al consumo di suolo agricolo, aumenterebbe la sofferenza di tessuti urbani già congestionati, privi di servizi adeguati, di aree verdi, di viabilità e mezzi pubblici sufficienti ed efficienti.

Vanno rafforzati gli interventi per estendere e qualificare gli spazi inedificati nelle aree urbane, mantenendoli permeabili, attrezzandoli prevalentemente con alberature e tappeti erbosi, destinandoli ad usi pubblici e sociali.



Poiché le Amministrazioni Comunali hanno gravi problemi finanziari, l’acquisizione di aree per servizi pubblici (che divengano patrimonio indisponibile del Comune), può avvenire anche con lo strumento della perequazione urbanistica e la loro gestione con i metodi proposti dalla legge n° 10/2013 sul verde urbano.

Un ettaro di terreno urbano tenuto a prato con 150 alberature: assorbe quasi 30 tonnellate annue di Anidride Carbonica; produce oltre 5 tonnellate annue di Ossigeno; traspira/evapora quasi 33 tonnellate annue di acqua; la temperatura media di una città è di 0,5-1,5 gradi superiore a quella delle campagne circostanti. D’estate l’aria soprastante un prato alberato può avere una temperatura inferiore anche di 15 gradi rispetto ad una superficie asfaltata.

I parametri ecologici sono in grado di trasformare positivamente il microclima urbano influendo sulla temperatura e sul grado di umidità

A questi aspetti ecologici si aggiungono i benefici sociali che gli spazi pubblici offrono come luoghi di aggregazione e di relazione. Sono gli spazi, che fanno di un luogo costruito, una città e non un ammasso di cemento come diventerebbe saturando tutte le aree ancora inedificate.

Anche un campo abbandonato è meglio di un nuovo condominio. I ragazzi, soprattutto delle periferie urbane, trovano in esso l’unico spazio in cui giocare. Riqualificazione non è sinonimo di costruzione. Quindi va abbandonato l’uso di forme surrettizie di aumento di cubature non controllate che producono un esubero di volumi extra Piano, eccedenti rispetto alle sue previsioni dalle quali derivano la necessità di verde, servizi, trasporti urbani ed extraurbani, impianti, strutture e reti tecnologiche. Il Piano è quindi lo strumento nel quale devono essere contenuti tutti gli elementi necessari alla sua definizione senza ricorso a correzioni/implementazioni volumetriche successive e spesso arbitrarie; è suo compito prevedere le soluzioni e gli strumenti concreti per procedere alla riconversione ecologica di parti di città, al trasferimento di volumi dalle aree improprie, alla costruzione di edifici con parametri energetici rispettosi dei regolamenti. La “contrattazione” produce aumenti volumetrici non previsti, non conteggiati, ai quali non corrispondono quindi, aree per servizi e reti di trasporto adeguate. L’uso di strumenti quali permute, compensazioni, perequazione (come finora realizzata), crediti edilizi, premi volumetrici, sono merce di scambio pubblico/privato che nulla ha a che vedere con la buona pianificazione urbanistica e le esigenze dei cittadini. Sono formule inventate da una cultura liberista che tratta la città, non come un organismo complesso, ma come una merce e ha prodotto quartieri degradati, mancanza di alloggi a canoni calmierati, territori in permanente condizione di rischio.



La perequazione è uno strumento già correntemente usato nei comparti edificatori e di fatto negli strumenti urbanistici attuativi. Si è caricato impropriamente, negli ultimi anni, di significati non corrispondenti alle pratiche attuative usate, che hanno visto uno scambio pubblico/privato, prevalentemente sbilanciato a favore del secondo soggetto. Lo scopo della perequazione, che aveva un forte senso di equità quando i terreni per servizi pubblici venivano espropriati a 1000 lire a metro quadrato mentre oggi hanno valore di mercato, deve essere quello, non solo di equiparare economicamente tutti i cittadini proprietari di aree, in modo da rendere indifferente per i proprietari dei terreni la destinazione d’uso prevista dal Piano, ma di realizzare contestualmente alla città privata anche la città pubblica. Questo obbiettivo si raggiunge, se la città è pianificata e programmata nella sua attuazione, in modo da comprendere progressivamente nella sua realizzazione ogni sua parte e ogni funzione. Alla equità corrispondente alla distribuzione dei benefici economici ottenuti da tutti i proprietari dei terreni in misura delle loro condizioni effettive, corrisponderà una equità collettiva nella distribuzione di tali benefici sotto forma di servizi e dotazioni territoriali.

Lo strumento del Project Financing, (che va in porto in un caso su quattro) è una voragine che risucchia il denaro pubblico privatizzando parti importanti di città e di manufatti di rilevanza non solo urbana. Troppo spesso in periodi di scarsa disponibilità della finanza pubblica si ricorre a questo strumento giustificandolo con il vantaggio economico che ne deriverebbe al Comune. Ma questo non avviene praticamente mai e sulla collettività vanno a gravare gli introiti considerevoli di cui si appropria il privato.

La moralità nella gestione della cosa pubblica, le regole su cui si basa la certezza dei diritti individuali e collettivi, è il fondamento di una buona gestione del territorio e del benessere urbano. La corruzione si avvale di strumenti che lasciano discrezionalità, elasticità, arbitrio.



La decadenza dei vincoli delle aree destinate a servizi pubblici produce della città mostro. Le città senza servizi sono solo un ammasso di cemento, legittimato a riprodursi senza che le aree che servono per lo svolgersi della vita urbana, scuole, parcheggi, verde, ospedali e persino le strade, siano garantiti. E’ un’aberrazione prodotta dalla sentenza della Corte Costituzionale alla quale nessuna Legge ha ancora posto rimedio. E’ quindi urgente intervenire con soluzioni che, da un lato prevedano Piani comunali generali (o Piani di assetto del Territorio) non conformativi, dall’altro che dopo 5 anni dall’approvazione del Piano operativo (o Piano degli interventi) decadano tutte le previsioni in esso contenute sia riguardo all’edificabilità dei suoli, che dei servizi pubblici e privati.

Da questo consegue che non esistono diritti acquisiti e che il nuovo piano può legittimamente modificare ogni precedente destinazione d’uso, a meno che non sussistano atti concessori o autorizzazioni rilasciate o convenzioni stipulate.

Saranno così rispettati tutti i diritti, sia quelli privati che quelli collettivi. E’ necessario che anche a questi ultimi sia dato il giusto riconoscimento per rendere la città socialmente più equa e democratica



Se si indeboliscono o azzerano le possibilità edificatorie nei terreni esterni alla città, è evidente che le tensioni, le spinte, gli interessi speculativi delle imprese/immobiliari si riverseranno nei centri urbani, saturando e “densificando” luoghi sui quali si dovrebbero concentrare, non colate di cemento, ma politiche di espansione degli spazi pubblici, di aree verdi, di interventi di edilizia sociale, di luoghi di comunicazione e aggregazione soprattutto nelle aree periferiche e degradate.

E’ necessario monitorare le trasformazioni e soprattutto dare concrete indicazioni sulle regole che i processi di trasformazione delle aree urbane devono rispettare, sia riguardo la permeabilità dei suoli che di vivibilità e igiene urbana . Se non verranno indicati parametri di sostenibilità urbana adeguati alla riqualificazione vera dei territori, se la densificazione non è accompagnata dal recupero di una maggior superficie permeabile, se i mc non più realizzabili nelle aree rurali cementificheranno gli spazi vuoti interstiziali fra gli edifici, se i quartieri fatti di case con giardini privati saranno sostituiti da edifici plurifamiliari senza un adeguato, almeno equivalente, spazio verde, se nell’area inutilizzata di una fabbrica dismessa verrà costruito un ipermercato con conseguente appesantimento del traffico, la qualità urbana non ne trarrà alcun vantaggio, ma peggiorerà gravemente le “condizioni limite” in cui si trova.

I processi di trasformazione urbana quindi devono essere saldamente guidati dalla mano pubblica anche attraverso l’atto legislativo che ponga le condizioni e i parametri della sostenibilità ecologica e sociale, altrimenti le città percorreranno una via senza ritorno verso un degrado, non solo urbanistico, irreversibile.

Gli incentivi volumetrici per gli operatori che intervengono nel tessuto urbanizzato e le politiche di defiscalizzazione sono innanzi tutto incoerenti rispetto alla maggior redditività degli interventi negli ambiti urbani rispetto a quelli extraurbani, ma non tengono conto che in Italia, la proprietà immobiliare è più frammentata che altrove e la riconversione del tessuto edilizio anche degradato di cui l’urbanistica parla da decenni non si è mai realizzata per questa ragione e per la mancanza di politiche di sostegno che in Italia per pigrizia mentale e forse non solo, si propongono sempre in termini di volumi aggiuntivi. Restano così nella effettività dei comportamenti solo le pratiche di consumo di suolo libero interno alla città e di sostituzione edilizia di capannoni dismessi che diventano quasi sempre nuovi supermercati, nell’indifferenza assoluta del recupero di qualche traccia del patrimonio storico e architettonico dell’attività industriale a suo tempo svolta.



La “moratoria” richiesta fino all'attuazione degli adempimenti regionali previsti all'art 11 del presente testo, non significa blocco dell'edilizia, bensì l'avvio di quella riconversione del settore che da tempo si auspica, verso opere di cui il territorio ha urgente bisogno. Dal risanamento di siti inquinati, alla prevenzione di frane e dissesti idrogeologici, alle realizzazione di reti fognarie e sostituzione di quelle idriche che disperdono il 40% di acqua potabile, alla manutenzione e messa in sicurezza degli edifici pubblici a partire da quelli scolastici, alla riconversione ecologica di singoli edifici pubblici e privati. Già attualmente quasi il 50 % degli interventi nell'edilizia è rivolto al già edificato. E' un modo saggio di costruire un futuro per le città e il territorio, sostenuto dalla filosofia e dalla prassi contenute nella legge, che deve indirizzare verso un processo di riconversione ecologica.

Ai sensi dell’art. 117 del Titolo V della Costituzione, il Governo del territorio è materia di legislazione concorrente fra Stato e Regioni. Lo Stato ha legislazione esclusiva sulla tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali. Il Codice Urbani è intervenuto sul tema del paesaggio, tema trattato efficacemente dalla Convenzione Europea ratificata dall’Italia con Legge n° 14/2006. La Repubblica italiana è quindi chiamata ad attuare le disposizioni della Convenzione sull’intero territorio nazionale e a conformare i propri atti legislativi agli obblighi ed ai principi derivanti da tale trattato internazionale. La Convenzione ai sensi dell’art. 2 “si applica a tutto il territorio delle Parti e riguarda gli spazi naturali, rurali, urbani e periurbani. Essa comprende … sia i paesaggi che possono essere considerati eccezionali, sia i paesaggi della vita quotidiane sia i paesaggi degradati”. La Legge ha quindi il dovere di occuparsi non solo della tutela e della valorizzazione degli straordinari paesaggi dei quali è ricco il nostro Paese per proteggerli dalle devastazioni che li hanno finora colpiti, anche attraverso un più severo controllo delle pratiche abusive, ma deve altresì, come dice la convenzione Europea sul Paesaggio, intervenire in quei contesti urbani e periurbani anche degradati, con regole che ne assicurino una qualità aggiunta per chi li abita e non diventi, la legge stessa, pretesto per redditizie operazioni immobiliari.

Vanno tutelate da nuove trasformazioni urbanistiche, intese a consentire nuove edificazione o impermeabilizzazioni del suolo, le parti di territorio semiurbanizzato non edificate, le aree agropolitane che separano fra loro piccoli e grandi agglomerati urbani, le aree interstiziali che penetrano nel tessuto urbanizzato istituendo così un nuovo rapporto fra città e campagna. Le azioni sul paesaggio e l’ambiente che costituiscono materia di competenza esclusiva dello Stato debbono essere ordinate secondo criteri che valorizzino gli spazi naturali, agricoli e abbandonati, nella loro funzione produttiva, ma anche di recupero e valorizzazione paesaggistica. Il paesaggio assume un ruolo portante, non solo nelle aree “di non comune bellezza” di cui all’art 136 del Codice Urbani, ma anche in quelle che servono a definire il confine fra le aree edificate, che tendono in alcuni contesti a non avere soluzione di continuità neppure in corrispondenza dei perimetri amministrativi. La conservazione degli spazi aperti che separano fra loro agglomerati urbani, impedendo la loro “saldatura” e il progressivo espandersi dello sprawl urbano, costituisce un valore intrinseco del paesaggio e favorisce la costruzione di corridoi ecologici individuati nella pianificazione d’area vasta e nei piani regionali con valenza paesaggistica previsti all’articolo 134 del Codice Urbani. La costruzione e la conservazione del Paesaggio devono essere paradigmi fecondi nell’agire, sia sui riconoscibili elementi di identità delle aree rurali e naturali e sia nelle trasformazioni urbane di aree degradate o abbandonate sulle quali si gioca il destino delle città. E' in queste aree che andranno prevalentemente indirizzati i futuri interventi edilizi, quindi la loro trasformazione deve essere saldamente guidata dalla mano pubblica, che attenta all'inserimento nel disegno urbano comlessivo, deve definire nuove destinazioni d'uso compatibili con l'intorno edificato. Sono aree spesso ubicate in luoghi strategici che possono diventare luoghi di eccellenza attraverso l'attribuzione di funzioni di alto livello tecnologico e culturale corrispondenti ad un moderno, avanzato concetto di sviluppo urbano. Gli interventi di trasformazione devono rispondere a criteri di sostenibilità urbana sotto il profilo ambientale e sociale. La rigenerazione urbana non può quindi prescindere da parametri che sostengono la qualità esterna ed interna all’area di intervento, in termini di trasporto pubblico locale, di risparmio energetico degli edifici, di quantità e qualità degli spazi pubblici, di smaltimento dei rifiuti, di recupero dell’acqua piovana, di armonia e bellezza, di permeabilità dei suoli e difesa da ogni forma di inquinamento.

La partecipazione democratica di cittadini e associazioni migliora la qualità dei progetti urbani e territoriali perchè spinge verso le esigenze vere della gente, del territorio, dell'ambiente sottraendoli a regole che rispondono solo ad interessi finanziari e immobiliari. Va rafforzato il peso degli organi democraticamente eletti, che si è negli anni ridotto a favore degli esecutivi. Il restringimento della democrazia negli organismi eletti, sopratutto riguardo a Piani e atti urbanistici sottratti all'approvazione dei Consigli comunali e regionali provoca un impoverimento della città e delle sue risorse umane e culturali e limita il protagonismo dei cittadini nelle scelte del proprio habitat.

In particolare è necessario estendere il controllo democratico alle grandi o pere che spesso devastano il territorio sacrificando aziende e terreni agricoli fertili

E' necessario che alle regole e agli indirizzi contenuti nella Legge corrispondano azioni coerenti rafforzate dall'assegnazione di finanziamenti pubblici ad opere di prevenzione e risanamento del territorio e delle città e alla sostenibilità ambientale così come descritta nella definizione ripresa e trascritta dalla Carta di Aalborg

Il titolo della legge rappresenta due punti focali che sono fra loro inscindibili: la tutela e valorizzazione delle aree agricole e naturali e la riconversione ecologica della città. La visione ecologica apre una nuova prospettiva alla lettura del territorio e degli strumenti usati per il suo governo. I tecnicismi della disciplina urbanistica, che si prestano a manipolazioni che poco hanno a che fare con le esigenze della gente e dell'ambiente, se si guardano con i parametri dell'ecologia, assumono un nuovo significato, ripristinano valori e gerarchie collocandoli in una nuova dimensione urbana e territoriale, provocando una rivoluzione culturale nella stessa disciplina urbanistica.

La presente Legge, oltre a dettare principi generali in materia di Governo del Territorio, intende dare risposte e soluzioni, attraverso un apparato normativo chiaro, a questioni sospese da anni sulle quali le Regioni non hanno la potestà costituzionale di legiferare.



1) Oggetto e finalità

a) l’obiettivo della Legge è migliorare le condizioni di vita degli esseri viventi, sia nelle aree antropizzate che in quelle naturali e agricole, attraverso il maggior rispetto della natura, la tutela dei territori aperti, un nuovo modello urbano che sappia creare condizioni di benessere alle persone, miglioramento delle condizioni di qualità, sicurezza, e fruibilità collettiva del territorio. Va data priorità alla conservazione della natura, alla gestione prudente degli ecosistemi e delle risorse primarie, alla tutela e alla valorizzazione del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e culturale, alla qualità degli spazi urbani, dell’architettura, delle infrastrutture. A tal fine gli obiettivi di conservazione, tutela e valorizzazione fanno parte irrinunciabile di ogni atto di governo suscettibile di incidere sulle condizioni dell’ambiente urbano, del paesaggio e del patrimonio naturale e culturale.

b) Tutte le scelte relative alla conservazione e alla trasformazione del territorio, debbono pertanto essere informate dai seguenti principi:

- prevalenza dell’interesse generale su quello particolare e dell’interesse pubblico su quello privato.

- attribuzione alla risorsa ambientale di un valore primario per la collettività

- promozione di un uso del territorio che favorisca l’equità, estenda la partecipazione e la democrazia nella consapevolezza che il territorio è un bene comune ed ogni azione compiuta da soggetti pubblici e privati deve essere ispirata e compatibile con questo principio, consapevole che il suolo è una risorsa “finita” e quindi da preservare da consumi impropri e devastanti per l’intero ecosistema.

c) La legge impegna a :

promuovere la qualità della vita degli abitanti attraverso 1) l’offerta di spazi e servizi che soddisfino bisogni individuali e favoriscano relazioni sociali 2) la riduzione del tempo destinato agli spostamenti individuali e collettivi 3) la tutela della salute attraverso la riconversione dei fattori che producono agenti inquinanti

sviluppare il senso e il valore della cura, della cultura, dell’identità dei luoghi generatori dei diritti di cittadinanza

affermare il valore imprescindibile della unità del territorio nella globalità dei significati, ecologici, storici, culturali e sociali

2) Definizioni

a) il suolo è lo strato superiore della crosta terrestre, costituito da componenti minerali, organici, acqua, aria e organismi viventi. Esso rappresenta l’interfaccia tra terra, aria e acqua e ospita gran parte della biosfera. Svolge funzioni fondamentali di ospitalità e di nutrimento per gli ecosistemi e le produzioni agricole, di sequestro del CO2, di raccolta e filtraggio delle acque meteoriche, di supporto fisico e morfologico per le attività antropiche e di componente essenziale per la caratterizzazione del paesaggio. Ai fini della presente legge, per suolo si intende anche la superficie di terreno che, nelle aree urbanizzate, non è coperta da manufatti e non fa parte dell’area di pertinenza degli edifici.

b) l’ impermeabilizzazione: l’azione antropica che ha come conseguenza la copertura permanente del suolo.

c) sostenibilità ambientale significa la conservazione del capitale naturale. Ne consegue che il tasso di consumo delle risorse materiali rinnovabili, di quelle idriche e di quelle energetiche non deve eccedere il tasso di ricostituzione rispettivamente assicurato dai sistemi naturali e che il tasso di consumo delle risorse non rinnovabili non superi il tasso di sostituzione delle risorse rinnovabili sostenibili. Sostenibilità dal punto di vista ambientale significa anche che il tasso di emissione degli inquinanti non deve superare la capacità dell'atmosfera, dell'acqua e del suolo di assorbire e trasformare tali sostanze. Inoltre, la sostenibilità dal punto di vista ambientale implica la conservazione della biodiversità, della salute umana e delle qualità dell'atmosfera, dell'acqua e dei suoli a livelli sufficienti a sostenere nel tempo la vita e il benessere degli esseri umani nonché degli animali e dei vegetali.

d) l'impronta ecologica: è un indicatore aggregato che consente di associare le diverse forme di impatto umano sull’ecosfera riconducendole ad un denominatore comune, cioè alla superficie direttamente o indirettamente impiegata dalle attività antropiche, rendendo possibile sommare in modo coerente i contributi che derivano anche da fenomeni molto diversi tra loro. Tale metodologia permette di valutare gli effetti ambientali dei consumi di energia e di materia e della produzione dei rifiuti. L’Impronta Ecologica esprime la superficie in ettari necessaria alla produzione delle risorse utilizzate per il sostentamento di una determinata comunità e all’assorbimento dei rifiuti da essa prodotti. Una condizione essenziale per garantire la sostenibilità ecologica consiste nel verificare che le risorse della natura non siano utilizzate più rapidamente del tempo che serve alla natura per rigenerarle e che i rifiuti non siano prodotti più velocemente del tempo che è loro necessario per essere assorbiti, conoscere quindi quanta natura è disposnibile rispetto alla quantità di natura usata.

3) consumo di suolo extraurbano: I Comuni provvedono a definire il perimetro del centro edificato e delle eventuali frazioni e nuclei sparsi. Il perimetro è tracciato con linea continua aderente ai lotti degli edifici esistenti posti sul limite dell’area agricola e naturale. L’area esterna a tale perimetro non potrà essere soggetta a nuove edificazioni e a impermeabilizzazioni che non siano legate alle attività agricole o giustificate da interesse pubblico, fintanto che le Regioni non abbiano definito i criteri di riduzione progressiva dell’edificabilità extraurbana per raggiungere, al massimo entro 3 anni dalla data di approvazione della presente legge, l’obiettivo di azzerare il consumo di suolo, riducendo del 50% nel primo anno le ipotesi edificatorie presenti nel territorio extraurbano. Attorno al perimetro del centro edificato principale sarà individuata una cintura verde con funzioni agricole, sportive, ecologico-ambientali

4) Censimento delle aree libere e consumo di suolo urbano e periurbano: ogni Comune provvede al censimento cartografico di tutti gli spazi pubblici e privati inedificati e/o inutilizzati interni al perimetro del centro edificato così come definito all’articolo 1 e li sottopone alla disciplina della presente Legge. La catalogazione deve indicare lo stato di diritto, la consistenza, l’uso del suolo e la destinazione urbanistica cui l’area è soggetta

5) Un piano del verde e delle aree libere nel centro edificato, precederà qualsiasi altro strumento di pianificazione urbanistica e quelli già adottati o approvati dovranno adeguarsi alle nuove disposizioni prescritte nel piano del verde. Il piano attribuirà a ciascuna area libera una destinazione d’uso che comunque non comporti nuove edificazioni e impermeabilizzazioni del terreno. I parcheggi saranno realizzati con materiali drenanti e saranno provvisti di alberature adeguate. Il piano definirà quali aree saranno pubbliche, quali destinate ad uso pubblico, quali ad uso privato. Il Piano prevederà la realizzazione e/o il completamento di piste ciclabili, corridoi ecologici, aree destinate all’agricoltura urbana e periurbana e al soddisfacimento degli standard urbanistici comunali e sovra comunali. Provvederà a fare il censimento degli elementi vegetali significativi esistenti. Il Piano dovrà prevedere la piantumazione di masse arboree, di filari lungo le strade, di cespugli e siepi, anche attraverso prescrizioni inserite nel Regolamento edilizio obbligatorie anche nelle aree di proprietà privata. Il Piano del verde favorirà un nuovo rapporto fra città e campagna inserendo ove possibile cunei verdi nelle aree urbanizzate, contribuendo a definire la forma della città.

6) Impermeabilizzazione dei suoli e aree in trasformazione: nei processi di trasformazione urbana, in particolare quelli che interessano aree con attività produttive dismesse e aree demaniali edificate (caserme ..), la nuova destinazione d’uso attribuita dal Piano deve essere compatibile con l’intorno edificato e non deve aggravare la condizione del traffico urbano. Al 60% della superficie totale dell’area deve essere garantita la completa permeabilità. Il 40% deve essere mantenuto a prato boscato pubblico e il 20% ad altri servizi pubblici di quartiere, urbani ed extraurbani. Le trasformazioni urbanistiche dei tessuti già edificati devono garantire la sostenibilità ambientale, ridurre le superfici impermeabili esistenti e assicurare un miglior risparmio energetico degli edifici ricostruiti, ristrutturati e quelli di nuova costruzione.

7) perequazione urbanistica: gli strumenti della pianificazione comunale e intercomunale (PRG, PAT, PATI o in altro modo denominati) debbono prevedere gli ambiti di intervento perequati ai quali corrispondano accanto a trasformazioni urbanistico/edilizie consentite, la cessione al Comune di aree destinate a verde e servizi dal Piano stesso. L’attuazione del piano deve essere assicurata sia nella sua realizzazione privata che nelle dotazioni territoriali corrispondenti agli standard urbanistici previsti nel PRG e nelle dotazioni ambientali necessarie alla riconversione ecologica della città. Le volumetrie previste nelle aree edificabili, verranno realizzate nelle stesse, come previsto dal Piano, ma saranno teoricamente distribuite nelle aree destinate a servizi pubblici che verranno cedute gratuitamente al Comune. I volumi previsti nel Piano rimarranno invariati sia nella localizzazione che nelle quantità. Le aree, che con destinazione diverse sono inserite nell’ambito definito dal Piano, avranno gli stessi indici teorici di edificabilità. I vantaggi economici derivanti dall’edificabilità contenuta nel Piano saranno così distribuiti equamente fra tutti i proprietari delle aree soggette a trasformazione. Nel caso di aree già edificate soggette a ristrutturazione urbanistica o a piani di recupero si aggiungerà, nel calcolo della distribuzione degli indici attribuiti a ciascuna area, a diversi usi destinata , il valore attribuito agli immobili esistenti.

8) Premi volumetrici, compensazioni, crediti edilizi, fanno parte del Piano urbanistico generale e non possono essere attribuiti a posteriori. Gli spostamenti di fabbricati ubicati nelle aree a rischio, debbono trovare collocazione in aree edificabili previste dal Piano. Mentre le nuove costruzioni si devono tutte adeguare ai parametri di contenimento energetico indicati nelle norme del Regolamento Edilizio senza la concessione di aumenti volumetrici. Potranno essere concesse agevolazioni fiscali, riduzione degli oneri e altre forme che non comportino ulteriore consumo di suolo.

9) decadenza dei vincoli: Alla decadenza dei vincoli (dopo 5 anni dalla loro applicazione) sulle aree destinate a servizi pubblici soggette all’esproprio, sancita dalla Corte Costituzionale, corrisponde automaticamente la decadenza delle capacità edificatorie previste dallo strumento urbanistico comunale. A questo concorre la definizione del Piano generale (PAT) come Piano non conformativo e la validità di 5 anni del Piano degli Interventi (PI o piano attuativo), scaduti i quali decadono tutte le previsioni in esso contenute

10) Nuovi piani urbanistici comunali e loro varianti possono modificare in tutto o in parte, dandone adeguata motivazione, le previsioni contenute nei Piani vigenti, comprese quelle relative alle destinazioni che comportano l’edificabilità dei suoli, qualora non siano già state stipulate convenzioni o rilasciati titoli abilitativi.

11) moratoria: la capacità edificatoria previste nei PRG vigenti è sospesa finchè non è dimostrata, sulla base dell’incremento demografico e di altri parametri stabiliti dalle Regioni la necessità di nuovi volumi edilizi che comunque dovranno rispettare, qualora attuati, le prescrizioni contenute nella presente Legge

12) gli accordi di Programma e altri strumenti di concertazione e negoziazione fra pubblico e privato comunque denominati non possono applicarsi in deroga agli strumenti urbanistici approvati

13) Project Financing: il ricorso allo strumento del Project Financing, deve essere accompagnato da una scheda tecnica/ economica che dimostri il prevalere dell’interesse economico pubblico rispetto a quello privat finanziariao anche attraverso la comparazione di modalità alternative di intervento, compreso quello diretto da parte del soggetto pubblico promotore.

14) nella VAS agli attuali criteri di valutazione va aggiunta quella economico finanziaria. Ogni progetto verrà accompagnato da una descrizione del percorso partecipativo che deve essere assicurato non solo negli aspetti formali, ma nell'accessibilità a tutti gli atti, garantendo margini adeguati di incidenza da parte di soggetti portatori di interessi diffusi

15) la rendita: Il plusvalore derivante dalla trasformazione della destinazione d’uso e degli indici di edificabilità generata dall’approvazione di uno strumento urbanistico di iniziativa pubblica, va quantificato e ceduto al Comune sotto forma di opere o aree (standard di PRG) o di contributo straordinario con destinazione vincolata

16) gli oneri di urbanizzazione secondaria e i contributi di concessione non possono essere utilizzati per la spesa corrente ma debbono essere destinati esclusivamente agli usi per i quali sono stati destinati dalla Legge che li ha introdotti, ovvero per “le opere di urbanizzazione della città e le operazioni di recupero di edifici preesistenti” Le opere di urbanizzazione primaria debbono essere interamente realizzate a cura e spese del lottizzante

17) inalienabilità dei beni pubblici: Gli alloggi destinati ad edilizia residenziale pubblica e le aree acquisite attraverso cessione da parte dei privati anche attraverso lo strumento della perequazione urbanistica non possono essere alienati. Nei piani attuativi e nelle aree del PI (Piano degli Interventi) con destinazione prevalentemente residenziale, deve essere riservata all’edilizia sociale una quota non inferiore al 20% del volume complessivo previsto nel Piano

18) Paesaggio urbano e periurbano: Il valore del paesaggio deve essere assunto come paradigma di un modello nuovo di pianificazione urbana e territoriale. I Piani urbanistici generali e attuativi dovranno individuare coni visuali lungo i quali non va preclusa, con nuove edificazioni, la visibilità di tratti di paesaggio significativo, di masse arboree, di scenografie urbane, di parti di territorio rurale ai margini dell’edificato. I manufatti rurali tipici presenti nelle aree agricole e anche in quelle che hanno perduto l’originaria funzione, saranno salvaguardati e il loro abbattimento (o crollo accidentale) non potrà comportare la ricostruzione del volume perduto. Il risanamento, recupero, consolidamento di singoli edifici o borghi rurali avrà la priorità nella distribuzione dei finanziamenti statali e regionali destinati all’edilizia

19) impronta ecologica: nel Piano Urbanistico Comunale deve essere valutata l'impronta ecologica e la riduzione generata dal Piano nell'arco di previsione temporale dello stesso. Andranno monitorate le fasi intermedie al massimo ogni cinque anni

20) Invarianza idraulica dei suoli. Le Regioni valorizzano, anche attraverso sostegno economico, le operazioni di stombinamento dei corsi d’acqua realizzate dai Comuni nei centri edificati. Nelle norme di attuazione dei Piani saranno vietati in linea di massima gli interramenti di corsi d’acqua, fossi e scoline e preclusa l’edificabilità di aree soggette ad esondazione e allagamenti.

21) Concorsi di idee: le Amministrazioni pubbliche e private favoriranno la pratica dei concorsi di idee per risanare parti di città degradate soprattutto nelle aree periferiche, in quelle scarsamente dotate di verde e di servizi e nelle aree oggetto di importanti processi di trasformazione con cambiamenti di destinazione d’uso (caserme e fabbriche dismesse). L’obiettivo è quello di dare un’identità ai luoghi, creare condizioni di benessere per gli abitanti, favorire processi di integrazione sociale, costruire ambienti adatti alla vita dei bambini, inserire ogni area in un disegno urbano coerente, che trovi nella bellezza della forma un gradiente per costruire la città di tutti, la città intesa come bene comune.

22) Un Parco di aree pubbliche: i Comuni si dotano di un “parco di aree pubbliche anche edificabili” da utilizzare per i fini istituzionali connessi con l’attuazione del Piano Urbanistico e di un parco alloggi da destinare ai trasferimenti necessari, conseguenti alle trasformazioni di aree edificate

23) Le Regioni

a ) non possono imporre ai Comuni ( vedi Piano Casa) l’applicazione di misure in deroga alle NTA e ai Regolamenti edilizi approvati dai Comuni stessi, qualora peggiorative delle regole urbanistiche di “igiene urbana”, di qualità degli insediamenti e di tutela dei centri storici

b) provvedono a definire le condizioni nelle quali è vietato l'uso del sottosuolo, in base alla presenza di reperti archeologici, di falde freatiche e altri elementi presenti nel contesto in cui si colloca l'intervento, ai quali potrebbe essere di pregiudizio

c) individuano la distanza minima dalle strade di maggior traffico alla quale le colture di ortaggi e vitigni devono collocarsi

24) verrà istituito in ogni Comune un osservatorio sul patrimonio immobiliare pubblico e privato inutilizzato e sul consumo di suolo, che si conformerà a criteri di misurazione oggettivi, validi in tutto il territorio nazionale, in modo da assicurare l’omogeneità e la confrontabilità dei dati reperiti. I dati saranno accessibili e resi pubblici

25) la priorità dei finanziamenti destinati al settore dell'edilizia e dei lavori pubblici sarà rivolta alla prevenzione dai rischi idrogeologici e sismici, alla manutenzione, risanamento e alla cura del territorio, alla bonifica dei siti inquinati, al recupero dei beni architettonici di valore artistico e documentale e dei singoli edifici e borghi rurali, al consolidamento statico degli edifici pubblici, al risparmio energetico, alle fonti di energia rinnovabile, alla riconversione ecologica delle città, all'edilizia sociale.



Nessun commento:

Posta un commento